top of page
Andrea Pellegrini

Perfino Draghi smonta il green europeo!


Su richiesta della Commissione europea, il team guidato da Mario Draghi ha imbastito un report per definire una serie di punti chiave su come garantire la competitività a lungo termine dell’UE. Risulta ormai evidente l’inferiorità tecnologia ed industriale che si è delineata negli ultimi decenni rispetto ai competitors internazionali, quali Stati Uniti e Cina. Sul tema dell’energia in senso di generazione e reti, gli esperti concordano su quanto sia fondamentale decarbonizzare l’economia con fonti a basse emissioni per la reindustrializzazione sostenibile. Purtroppo, il report mostra una realtà deludente e spesso edulcorata che palesa la fragilità del sistema energetico europeo. Il primo fattore negativo è la mancanza di un certo grado d’indipendenza energetica. Come ha rilevato nel 2023 lo studio congiunto traSRM e l’ESL@Energy Center del Politecnico di Torino, in collaborazione con la Fondazione Matching Energies e con il supporto della Fondazione Compagnia di San Paolo, l'Europaimporta più del 55% delle risorse energetiche che utilizza, registrando il valore più alto tra le grandi economie mondiali.





Al contrario, l’autosufficienza degli Stati Uniti è massima, mentre la Cina importa solo il 20% del suo fabbisogno energetico. Tra i principali Stati europei, proprio l'Italia mostra la più altadipendenza energetica, pari al 73,5%, invece la Francia, che utilizza l'energia nucleare, è messa decisamente meglio, con un valore del 44,2%. I piani della Commissione europea impongono un massiccio sviluppo delle rinnovabili nel tentativo di migliorare questa tragica situazione. Oggi tali fonti soddisfano il 22% delconsumo energetico finale. C’è tanto potenziale domestico per il fotovoltaico a sud e per l’eolico a nord dell’Europa, che rispettivamente sono aree molto soleggiate e ventose. Purtroppo, la domanda per le tecnologie energetiche green (pannelli in silicio e batterie al litio in primis) difficilmente sarà coperta da una fornitura europea. La superiorità della Cina ambito è schiacciante.


In più, l'Europa è particolarmente dipendente verso filiere extracomunitarie per l’approvvigionamento dei minerali critici utili per la transizione ecologica, tipo rame, nickel, cobalto, litio, grafite e terre rare. Anche in questo caso la Cina resta padrona indiscussa, più nella raffinazione che nell’estrazione, come riporta l’Agenzia internazionale dell’Energia. Per giunta, gli obiettivi di decarbonizzazione dell'UE sono più ambiziosi rispetto a quellisuoi concorrenti, con l’adozione di una legislazione vincolante per ridurre le emissioni di gas serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, provocando costi aggiuntivi a breve termine per l'industria europea.


Accade diversamente negli Stati Uniti, che hanno fissato un obiettivo non vincolante di riduzioneentro il 2030 del 50-52% rispetto ai livelli del 2005, mentre la Cina punta solo a raggiungere il picco delle proprie emissioni perla fine del decennio. Il secondo fattore negativo emerso dall’analisi è l’estrema volatilità dei prezzi dell'energia, un grande ostacolo alla crescita industriale e un freno per investimenti economici strategici. Il vero sconfitto è l’ambito industriale hard-to-abate, quello più energivoro ed inquinante, già vessato da ingenti costi per soddisfare i pesanti target ambientali della Commissione. Esiste una forte differenza nei prezzi energetici dentro l’UE ma tendenzialmente prezzi inferiori si riscontrano in Stati con mix più diversificati per l’alta presenza di fonti stabili (e a basse emissioni N.B.) quali idroelettrico e nucleare. Il fiasco europeo ha un’inequivocabile questione culturale dietro: è prevalso un certo estremismo ambientalista, con gli esponenti delle istituzioni europee più interessati alla Greta Thunberg di turno, piuttosto che organizzare vertici su come preservare la competitività industriale e garantire una maggiore sovranitàenergetica all’interno del percorso di decarbonizzazione.


Questa tendenza ha contrassegnato le politiche climatiche europee negli ultimi anni, da quando è stato approvato il Green Deal nel 2019. L’altro trend negativo è il mercatismo globalista. Il ceto politico del Vecchio Continente, soprattutto nei Paesi del Nord, ha l’illusione che si possa comprare tutto ovunque a costi ridicoli. È unica nel mondo questa mentalità, che favorisce il capitalismo sempre più finanziario, che ha trasformato l’ambientalismo in business, come nel caso dell’ETS. In conclusione, il report manda un messaggio chiaro a Bruxelles e Strasburgo: per creare l’UE industrializzata, tecnologicamente forte che punti all’innovazione in tutti gli ambiti, serve una fornitura costante di energia a prezzi vantaggiosi per le famiglie e soprattutto le imprese. Le linee guida su cui puntare sono molteplici.


Accelerare la decarbonizzazione utilizzando tutte le tecnologie energetiche disponibili, adottando così un approccio tecnologicamente neutrale, che includa oltre alle rinnovabili pure il nucleare, l’idrogeno, le bioenergie e i sistemi per catturare l’anidride carbonica. Nell'analisi del ruolo del nucleare, il team di esperti propone tre diverse aree di intervento: estendere la durata operativa dei reattori esistenti per mantenere l'approvvigionamento a basse emissioni di carbonio, a condizione che si possa dimostrare la sicurezza; costruire nuovi reattoriutilizzando tecnologie consolidate tipo l’attuale 3° generazione basata su EPR, AP1000 e APR nelle loro varianti; introdurre sul mercato una nuova generazione di tecnologie nucleari, compresi i piccoli reattori modulari (SMR). Ridurre i processi autorizzativi per le reti di trasmissione e gli impianti di produzione elettrica, che attualmente sono lunghi, spesso con esiti incerti e troppo frammentati tra uno Stato membro e un altro. Al posto d’inseguire fallimentari chimere green, come piace tanto a una certa sinistra, bisogna lavorare con buonsenso per sviluppare un sistema complessivamente efficiente in termini di costi e produzione elettrica. Solo così potremo salvare l’Europa da un possibiledisastro socio-economico.

Comentarios


bottom of page